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Senza provenienza certa, penalità probabile

Avv. Nicola Pietrantoni – (Il Giornale dell’Arte, 8 luglio 2022)

La recente legge n. 22 del 9 marzo 2022 («Disposizioni in materia di reati contro il patrimonio culturale») ha introdotto nel nostro ordinamento la responsabilità penale amministrativa, ai sensi del d.lgs. 231/2001, delle persone giuridiche che operano all’interno del cosiddetto «mercato dell’arte».

Una serie di enti, case d’asta nazionali e internazionali, istituzioni museali pubbliche e private, archivi d’artista, fondazioni, istituti di credito che gestiscono collezioni di opere d’arte, fondi che investono in arte ecc., potranno rispondere direttamente, in sede penale, per i delitti contro i beni culturali commessi, nel loro interesse o vantaggio, da soggetti che rivestono posizioni apicali o da coloro che sono sottoposti alla direzione o vigilanza di questi.

L’elenco dei reati presupposto, ex d.lgs. 231/2001, è stato infatti integrato con l’inserimento delle fattispecie penali a tutela del patrimonio culturale, oggi tutte disciplinate dal Codice penale e non più dal d.lgs. 42/2004 (Codice dei beni culturali). Oltre alla contraffazione di opere d’arte, furto, appropriazione indebita, ricettazione, riciclaggio e autoriciclaggio di beni culturali, segnaliamo l’attuale rilevanza, sempre ai fini della responsabilità delle persone giuridiche, dei delitti che puniscono la violazione in materia di alienazione (art. 518-novies, c.p.) e l’uscita o esportazione illecite dei beni culturali (art. 518-undecies, c.p.) per l’impatto che queste fattispecie potrebbero avere sulla quotidiana operatività di alcuni operatori del settore.

Si tratta, infatti, di condotte che potrebbero coinvolgere, in determinate situazioni, l’attività delle case d’asta italiane e internazionali, espressioni tipiche di chi gestisce quotidianamente le diverse tematiche che il legislatore ha deciso di affrontare anche come responsabilità «collettiva» e non solo individuale, quali la circolazione internazionale delle opere d’arte, sia in entrata sia in uscita dal nostro Paese, tanto verso Paesi comunitari che extra Ue, e la vendita dei beni culturali oggetto di una tutela speciale da parte dell’Ordinamento.

Le dinamiche attinenti alla circolazione e alienazione delle opere d’arte sono strettamente correlate al tema, centrale, della proprietà, intesa, quest’ultima, anche in termini di tracciabilità: in questa prospettiva, sono proprio le case d’asta a non dover prescindere dal rigoroso accertamento, oltre che dell’autenticità, proprio dell’effettiva proprietà e, quindi, della provenienza, dei beni che vengono destinati alle aste in Italia e all’estero.

Questo tipo di approfondimento andrebbe condotto attraverso la più meticolosa ricostruzione storica delle eventuali fasi (la cui individuazione e documentazione possono essere talvolta molto complesse) che hanno connotato l’intera «vita» di quell’opera d’arte sino al momento in cui ha raggiunto la sfera del soggetto che dichiara di esserne il legittimo proprietario.

La tracciabilità documentale del bene, infatti, rappresenta un passaggio di estrema rilevanza e delicatezza, soprattutto per i potenziali risvolti penali correlati: infatti, qualora il bene in questione fosse messo all’asta senza ragionevoli certezze circa il suo legittimo proprietario, verrebbe inevitabilmente immesso all’interno di un circuito che prevede, quasi certamente, l’esportazione e la vendita dello stesso, con il rischio, per la casa d’aste, di essere coinvolta in una indagine penale: non solo nelle ipotesi di ricettazione (la cui rilevanza ex d.lgs. 231/2001 preesisteva alla legge n. 22/2022), ma oggi anche per i delitti di illecita esportazione e/o violazione in materia di alienazione.

Più nel dettaglio, potrebbe emergere (solo successivamente) che quel bene, pur «dotato» di attestato di libera circolazione/licenza di esportazione e già «uscito» dal territorio nazionale, appartenga a un soggetto diverso rispetto a quello che si era presentato, in termini dolosi o anche inconsapevoli, come proprietario alla casa d’aste, conferendole il mandato a vendere.

Qualora la proprietà sia poi riferibile a un soggetto pubblico (Stato, Regioni, altri enti pubblici territoriali, enti e istituti pubblici) oppure a una persona giuridica privata senza fine di lucro, l’uscita definitiva e l’alienazione del bene potrebbero essere, nei casi indicati dal Codice dei Beni culturali, normativamente vietate (ex artt. 10, 65, d.lgs. 42/2004) e costituire così la premessa, per il pubblico ministero, per contestare un’ipotesi di reato anche alla casa d’aste, con eventuali conseguenze di carattere sanzionatorio (con particolare riferimento alle misure interdittive che potrebbero addirittura paralizzarne l’attività) e inevitabili ricadute sul piano reputazionale.

Per queste ragioni, incertezze o anche solo dubbi irrisolti sulla proprietà di un bene da destinare all’asta devono essere gestiti, anche a livello di organizzazione di un efficace «sistema 231», con grande attenzione ed estremo rigore, considerata la fisiologica e frequente operatività di carattere transnazionale che caratterizza proprio l’attività di questi, e altri, operatori del settore.