L’Ue spinge per una transizione ecologica che sia seria
Federico Unnia (27 febbraio 2023, Italia Oggi Sette Affari Legali)
Cresce la consulenza legale nella governance societaria, tra Esg e reputazione d’impresa
La Commissione europea con i recenti interventi normativi, animati da esigenze di trasparenza, comparabilità, tutela dell’interesse pubblico, ha modificato il concetto di performance d’impresa. Il concetto di Esg (Environmental, Social and Governance) rappresenta l’elemento di novità, e la rendicontazione di quello che viene fatto dalle imprese in termini di sostenibilità costituisce la vera sfida da affrontare. In questo contesto la principale problematica, quando si parla di rendicontazione di sostenibilità, consiste nel rischio di greenwashing e nell’esigenza di garantire che le informazioni fornite siano affidabili, comparabili e individuate secondo modalità certe.
Il recente Survey of Sustainability Reporting 2022 condotto da una delle principali società di revisione a livello mondiale, evidenzia come da parte delle grandi aziende non c’è ancora sufficiente considerazione, in sede di rendicontazione, dei rischi di sostenibilità sociale e di governance, anche se probabilmente la consapevolezza sul punto sta crescendo. «Già da parecchi anni l’informativa non-finanziaria è stata oggetto di disciplina da parte dell’Unione Europea, ma con le Direttive Nfrd, Csrd e con il Regolamento sulla Tassonomia sono stati imposti obblighi sempre più stringenti che impongono ad un numero sempre maggiore di società di analizzare e rendicontare la propria sostenibilità», spiega Giovanni Marsili, partner e membro del team Esg dello Studio legale Gianni & Origoni. «Questo processo, da un lato ha aiutato il mercato Esg dello Studio legale Gianni & Origoni. «Questo processo, da un lato ha aiutato il mercato dei capitali ad indirizzarsi verso iniziative più sostenibili, ma dall’altro ha imposto ai nostri clienti di dover analizzare, misurare e rendicontare la sostenibilità della propria attività d’impresa e i rapporti con gli stakeholders. È una rivoluzione copernicana con impatti anche sulle teorie economiche, ma spesso i clienti non sono ancora preparati alle nuove sfide di rendicontazione: occorre avere le idee molto ben chiare e pensarci per tempo, facendo molta attenzione a non commettere errori, tra cui attività di greenwashing, che possono avere conseguenze importanti, anche in termini di vere e proprie sanzioni. È importante si giunga a una standardizzazione dei parametri di reporting, anche per una efficiente applicazione senza che i relativi costi siano troppo onerosi per le società di dimensioni più ridotte e, quindi, meno strutturate. La Corporate Sustainability Due Diligence introduce importanti novità, tra cui l’obbligo di individuare gli impatti negativi effettivi o potenziali in tema di ambiente e di diritti umani lungo tutta la catena del valore, introducendo anche una responsabilità personale degli amministratori.
La G di governance è forse la lettera (pillar) più importante dell’acronimo, ma anche la più difficile da misurare. Un percorso Esg parte dal commitment degli organi sociali e degli amministratori. Le società devono strutturarsi con assetti adeguati alla normativa Esg, coordinati con i presidi già previsti dalla normativa 231 e dagli «assetti adeguati» imposti dalla recente entrata in vigore del nuovo Codice della Crisi e dell’insolvenza. Non a caso, la proposta di direttiva sulla dovuta diligenza prevede una responsabilità personale degli amministratori in caso di violazione. Questo comporta che i Consigli di amministrazione dovranno fornirsi di adeguate competenze per meglio comprendere ed affrontare adeguatamente i profili Esg» conclude Marsili.
«Muoversi in questa nuova normativa è complesso», dice Jean-Daniel Regna-Gladin, partner di Pedersoli. «I nostri clienti ci chiedono di essere assistiti nella comprensione di quali delle menzionate direttive o regolamenti europei siano rilevanti per la loro attività. Fatto questo, affrontano il lavoro di adeguamento dell’informativa destinata agli investitori finali e quello di adozione di procedure e regolamenti aziendali pensati per dotarsi di un iter decisionale che tenga conto anche di parametri non finanziari, nell’ottica di una transizione verso un sistema economico e finanziario pienamente sostenibile e inclusivo. È tuttavia indubbio che la disponibilità di dati attendibili, idealmente certificati, o la mancanza di metriche e di quadri di rendicontazione standardizzati e riconosciuti rendono critico il perseguimento in modo soddisfacente di questi obiettivi».
Indubbiamente il tempo che ancora dovrà trascorrere prima che queste norme diventino cogenti nei singoli stati membri non è breve. Però nulla impedisce di adottare iniziative legislative nazionali con questi stessi obiettivi (come già accaduto in Francia); così come le singole imprese potrebbero benissimo anticipare i tempi, su base volontaria.
«In Francia si sono registrate le prime controversie giudiziali promosse da associazioni non governative per la corretta applicazione del Devoir de Vigilance da parte delle imprese transalpine», spiega Regna-Gladin. «Ricordandosi che prevenire è spesso meglio che curare, se le imprese italiane si muovessero in anticipo rispetto all’entrata in vigore di normative cogenti, potrebbero guadagnare un significativo vantaggio competitivo. Sottolineo che le società di capitali in generale saranno chiamate a perseguire un duplice obbiettivo da bilanciare correttamente, ovvero l’interesse dei soci per la massimizzazione del profitto economico e l’interesse degli altri stakeholders dell’impresa. Gli amministratori saranno soggetti a un regime rafforzato che imporrà loro di prendere le decisioni nell’ottica del corretto bilanciamento degli interessi.
Potrebbe cambiare parzialmente la valutazione dell’operato degli amministratori secondo la cosiddetta business judgment rule. Se nel paradigma classico gli amministratori devono agire in buona fede, non in conflitto di interessi e a seguito di un’adeguata procedura volta a ottenere ed elaborare tutte le informazioni necessarie alla tutela del mero interesse di lucro, in futuro la raccolta delle informazioni dovrà necessariamente riguardare anche gli impatti che la decisione potrà avere nell’ottica del bilanciamente degli interessi. E la mancata diligente verifica potrebbe comportare una responsabilità degli amministratori, nei confronti dei soci o financo dei terzi. D’altra parte, nel momento in cui saranno fissate le remunerazioni variabili a favore degli amministratori, le società dovranno (non sarà più una facoltà) tenere conto dell’adempimento degli obblighi fissati nel piano aziendale relativo al cambiamento climatico o ai temi Esg».
«Con riferimento ai temi di governance, seguiamo gli organi sociali e le funzioni che si occupano dei temi Esg all’interno delle aziende sui profili connessi a composizione, requisiti e competenze di organi sociali e comitati manageriali, sui presidi organizzativi che possono essere predisposti per rispondere al meglio alle tematiche di sostenibilità (tra cui la creazione di comitati ad hoc), nella definizione dei sistemi di remunerazione, nello stakeholders’ engagement e più in generale nell’analisi e definizione degli obiettivi Esg in linea con la strategia dell’azienda», spiega Doranna Carrozzo, managing associate (knowledge) di Linklaters. «Dall’ampliamento della sfera soggettiva e dall’approfondimento degli obblighi di rendicontazione se ne deduce una richiesta chiara del legislatore europeo affinché lo sforzo per la transizione ecologica sia serio e collettivo, proporzionato a seconda di tipologia e dimensione dell’impresa», aggiunge il collega Loris Bovo, partner di Linklaters: «sarà importante che tutti gli operatori economici siano preparati a questo cambio di paradigma, perché la sostenibilità sta diventando un elemento costitutivo sia delle strategie che della governance delle imprese. Quanto alla Corporate Sustainability due diligence che mira a promuovere un comportamento aziendale responsabile e sostenibile in tutte le filiere produttive globali sarebbe auspicabile che l’innalzamento degli standard di due diligence europei generasse un circolo virtuoso di sostenibilità anche fuori dall’UE. Sono perplesso sul piano delle enforcement come un’autorità di controllo potrà essere efficace a fronte di catene di approvvigionamento del perimetro globale». «Siamo ancora lontani dall’approvazione di un testo definitivo e ci potranno essere modifiche sostanziali prima che il testo diventi legge. I temi Esg sono destinati ad avere un impatto significativo sulla governance delle società. Occorrerà l’implementazione di sistemi di remunerazione allineati agli Esg e la necessità di adottare strutture interne funzioni e procedure agli obiettivi di sostenibilità» chiosa Carrozzo. Per Michele Massironi partner di La Scala Società tra avvocati «le maggiori problematiche si riscontrano nelle carenze organizzative connaturati alla più agile struttura delle piccole medie imprese. Se è pur vero che gli obblighi di rendicontazione non finanziaria e di corpore sustainability riguardano esclusivamente le grandi imprese e le Pmi quotate tali obblighi si riverbereranno anche sulle Pmi che intrattengono rapporti commerciali con esse. Inoltre è da tenere in considerazione che, senza l’ausilio di un esperto, può risultare complicato destreggiarsi tra le varie fonti normative di matrice unionale. I doveri degli amministratori che emergeranno a seguito del recepimento delle norme in materia Esg andranno lette alla luce del nuovo diritto societario scaturente dall’entrata in vigore del nuovo codice della crisi. Si potrebbe ipotizzare che la valutazione della condotta degli amministratori in relazione agli obblighi in materia di sostenibilità andrà svolta con riferimento all’adeguatezza degli assetti organizzativi predisposti dei medesimi amministratori».
«L’approccio penalistico in una materia che ad oggi non a caso in Italia, impone di mappare attentamente quello che succede negli altri paesi dove indagine riguardo sono già in corso. Penso alla sanzione da 4 mln di dollari a Goldman Sachs Asset Management comminata a fine novembre dalla Sec per la non corretta valutazione dei fattori Esg nei propri prodotti». Commenta Umberto Ambrosoli dello Studio Legale Associato Isolabella. «Non rileva la diversità di ordinamenti ma importano i fatti, le condotte specifiche e le dinamiche. La gran parte dei procedimenti evidenziano come misurazione rendicontazione siano sacrificate sull’altare della comunicazione. Processi che identifichino criteri e responsabilità, nonché che controllino raccolte di dati e rendicontazione senza subire influenze di alcun tipo sono essenziali. La raccolta di dati e la trasparenza sono cruciali. Tutto l’impegno normativo dalle istituzioni europee in tema di sostenibilità ha riguardato per primo il settore bancario e finanziario. Penso si debba guardare a quello per immaginare come anche negli altri settori dell’economia si implementeranno i doveri degli amministratori. Quello della sostenibilità sarà tema sempre più obbligatoriamente approfondito e discusso nei Cda. Ciò significa che in tempi rapidi gli organi amministrativi dovranno essere supportati da portatori di specifiche competenze, se non già presenti al proprio interno. Esattamente aderendo alla filosofia del Dlgs 231/2001, anche in quest’ambito e già da subito regole di governance molto chiare nel definire processi, responsabilità e controlli in tema Esg sono fondamentali: rappresentano la concreta volontà dell’azienda di vivere la responsabilità dell’economia sostenibile».
«Al di fuori di un ristretto numero di società e gruppi di grandi dimensioni qualificati come di interesse pubblico (banche ed assicurazioni) tenuti a fornire una informativa di carattere non finanziario in base alla direttiva 2014/95/UE del 22 ottobre 2014, cui si è data attuazione in Italia con Dlgs 30 dicembre 2016, n. 254, le altre società possono fornire una informativa sulla sostenibilità su base volontaria. In assenza di una regolamentazione giuridica, si fa per lo più ricorso a standard di rendicontazione globalmente riconosciuti, quali i GRI Standards. Per quanto attiene le piccole medie imprese, sebbene si assista negli ultimi tempi ad una crescente sensibilità in ordine alla importanza di comunicare all’esterno il proprio impegno verso la sostenibilità, ancora il grado di diffusione della informativa sulla sostenibilità stessa fra di esse è piuttosto basso; si tratta poi di garantire che la informativa sulla sostenibilità da parte le pmi sia adeguata alle loro ridotte dimensioni e risorse senso che si ricada anche in tal caso nel fenomeno del cd. greenwashing ed in questo senso riteniamo che debba valutarsi positivamente la previsione nell’ambito della Corporate Sustainability Reporting Directive di standard semplificati per queste realtà» spiegano Claudio Bonora e Daniele Mondini entrambi i partner di Mondini Bonora Ginevra Studio Legale – dipartimento Commerciale, finanziario e lavoro – Area Esg. «In base alla nostra esperienza dobbiamo rilevare come in alcuni casi situazioni di responsabilità sociale degli amministratori sono connotati da violazioni dei criteri di redazione del bilancio con lo scopo di rappresentare una situazione economica e finanziaria non veritiera ed occultare perdite del capitale sociale. In questo contesto l’informativa sulla sostenibilità che gradualmente le Società, per obbligo di legge o esigenze di mercato, dovranno fornire dovrà essere un ausilio ad una comprensione complessiva sull’andamento e sul futuro dell’azienda anche per quanto tiene gli aspetti non puramente economico finanziari e non essere un espediente per distogliere l’attenzione sulla corretta redazione del bilancio di esercizio. In questo senso sarà importante sanzionare fenomeni di abuso dello strumento della rendicontazione sulla sostenibilità». A differenza di altri studi legali, Fivelex ha puntato più sull’integrazione della sostenibilità nella propria governance interna che all’offerta di servizi legali in ambito Esg. Siamo stati comunque chiamati a prestare assistenza ai nostri clienti in ambito Esg per lo più su tematiche legali di compliance connesse all’implementazione degli obblighi previsti dal regolamento (Ue) 2019/2088, relativo all’informativa sulla sostenibilità nel settore dei servizi finanziari («Sfdr»), nella predisposizione di policy e procedure Esg, nella revisione della documentazione precontrattuale e contrattuale, nella predisposizione di questionari MiFID II per raccogliere le preferenze della clientela finale in ambito Esg ai fini dell’adeguatezza degli investimenti, così come nella richiesta di pareri», commenta Francesco Di Carlo, co-Managing partner di Fivelex Studio Legale e Tributario. Le principali problematiche riguardano, da una parte la sovrapproduzione normativa e regolamentare e dall’altra l’assenza di specifici parametri e criteri/metodi di valutazione, misurazione, e gestione dei rischi Esg, nonché di una base di dati e informazioni sufficienti e affidabili. «L’impianto normativo si basa su obblighi di trasparenza rispetto a politiche e strategie di gestione dei rischi e alle attività Esg concretamente posti in essere, senza che vi siano dei criteri universali e condivisi per misurare i rischi e le strategie stesse che sono oggetto di disclosure. Questo approccio focalizzato, sulla disclosure e sulla trasparenza, rischia non solo di deviare l’attenzione dei principali attori – ossia le imprese e i mercati finanziari – dall’obiettivo di veicolare gli investimenti in attività e iniziative concretamente orientate alla realizzazione degli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’ONU, ma anche di favorire possibili comportamenti di greenwashing» chiosa Di Carlo. La direttiva (Ue) 2022/n.2464 sulla rendicontazione societaria di sostenibilità (Csrd) e la proposta di direttiva relativa al dovere di diligenza delle imprese ai fini di sostenibilità (Csdd) costituiscono atti normativi essenziali per la realizzazione del Green Deal europeo e di un’economia europea sostenibile. Sono provvedimenti normativi complementari che solo congiuntamente potranno avere l’effetto di veicolare capitali verso una crescita economica sostenibile. «Il principale obiettivo della Csrd e della Csdd è quello di responsabilizzare le imprese (in particolare modo gli organi amministrativi) sia nell’assunzione di pratiche di governance volte ad integrare e gestire rischi e impatti dell’attività aziendale sull’ambiente e sui diritti umani, sia nella rendicontazione e nell’informativa al pubblico di tali pratiche. In tal senso, si è detto che la Csrd persegue tale obiettivo, ad esempio, prevedendo che le imprese incluse nell’ambito di applicazione della Csrd stessa debbano includere le informazioni sulla sostenibilità nella relazione sulla gestione (e non in un report separato) e che tale previsione avrà l’effetto di portare la responsabilità per la redazione di tale rapporto direttamente in capo al consiglio di amministrazione. Per quanto oggi sia soltanto una facoltà e non un obbligo, è già possibile nel nostro ordinamento riportare le informazioni di carattere non finanziario e sulla diversità nella relazione sulla gestione. L’elemento di discontinuità rispetto all’attuale quadro normativo potrebbe consistere nella diversa qualificazione di tale informativo da «non finanziaria» a «finanziaria», sull’assunto che la stessa influisca sull’andamento dell’impresa, sui suoi risultati e sulla sua situazione economico-patrimoniale. In tale prospettiva, sarà interessante vedere quali saranno i risvolti a livello di responsabilità penale e di eventuale perseguibilità degli organi di amministrazione, direzione e controllo dell’impresa per il reato di false comunicazioni sociali» conclude.
Tutto questo nelle imprese come è vissuto? Raimondo Rinaldi, presidente emerito di Aigi, l’associazione italiana dei giuristi d’impresa e coordinatore del gruppo di lavoro Aigi su Sostenibilità sottolinea «Il giurista d’impresa gioca un ruolo determinante nel fornire supporto alle organizzazioni per identificare la tipologia di iniziative da intraprendere e i necessari requisiti di responsabilizzazione degli attori coinvolti (interni ed esterni all’impresa). In questo ambito stanno emergendo diverse tematiche, tra cui spiccano la governance, l’ambiente, la supply chain, la diversity&inclusion, le nuove tecnologie e l’impatto dell’etica (es: machine learning e intelligenza artificiale), i diritti umani. Su tali aree abbiamo attivato gruppi di lavoro tra i Soci per lo scambio di esperienze e l’approfondimento di nuove problematiche, abbiamo svolto attività didattiche tramite la Scuola nazionale per Giuristi di Impresa e la Summer school di Aigi nonché il Master in Diritto d’Impresa, che Aigi organizza da anni con Luiss. La corporate sustainability deve necessariamente richiedere uno sforzo organizzato e coordinato di tutte le componenti di un’impresa per attuare quel cambiamento costante e continuo necessario al proseguimento degli obiettivi di sostenibilità che un’impresa si è posta. Serve inoltre un modello di governance per l’elaborazione dell’attuazione delle strategie di sostenibilità (ad esempio, deleghe specifiche degli amministratori, oppure organismi interni di governance). Altro fattore cruciale la costruzione di un sistema di rendicontazione solido e integrato tra le varie aree, che riflette e rispecchi la latitudine delle aree aziendali coinvolte, puntando a raccogliere indicatori e informazioni utili per documentare e stanziare le informazioni non finanziarie riportate e le varie comunicazioni in tema di sostenibilità all’interno ed esterno ma anche nel giustificare l’eventuale senso di dette informazioni. Ovviamente è indispensabile una normativa equilibrata che consenta di portare a termine necessari cambiamenti senza perdere competitività sul mercato globale e valorizzando le best practices locali.