In caso di esito positivo dell’istituto i beni vanno restituiti
Nicola Pietrantoni (03 aprile 2023, Italia Oggi)
La Suprema corte: la decisione che dichiara estinto il reato è assimilata al proscioglimento
L’esito positivo della messa alla prova comporta l’estinzione del reato e l’annullamento dell’eventuale sequestro preventivo, con la conseguente restituzione dei beni all’interessato.
In questi casi, infatti, il Giudice pronuncia una Sentenza di proscioglimento con la quale ordina, con effetti immediatamente esecutivi, “…che le cose sequestrate siano restituite a chi ne abbia diritto, quando non deve disporre la confisca a norma dell’art. 240 del codice penale” (cfr. art. 323, comma 1, c.p.p.).
Il principio è stato affermato nella Sentenza n. 9850/2023 (motivazioni depositate l’8 marzo scorso), con cui la Corte di cassazione (VI Sezione penale) ha annullato il provvedimento del Giudice per le indagini preliminari che aveva mantenuto il sequestro di un immobile a garanzia del residuo credito vantato dalla parte civile (Inps), dopo aver constatato l’esito positivo della messa alla prova e prosciolto l’imputato per l’avvenuta estinzione del reato.
L’imputazione e l’istituto della messa alla prova. Alla persona sottoposta alle indagini, era stato contestato il delitto ex art. 316-ter, Codice penale, che punisce, con la pena della reclusione da sei mei a quattro anni, la cosiddetta “malversazione di erogazioni pubbliche”, condotta che si realizza quando un soggetto, estraneo alla pubblica amministrazione, non ha destinato alle finalità previste contributi, sovvenzioni, finanziamenti, mutui agevolati o altre erogazioni provenienti dallo stato, da altro ente pubblico oppure dalle Comunità europee.
L’indagato aveva chiesto e ottenuto, da parte del Giudice per le indagini preliminari, la c.d. “messa alla prova”, istituto che prevede, nei casi espressamente disciplinati dalla legge, la sospensione del procedimento penale e la prestazione, da parte dell’interessato (indagato o imputato, a seconda della fase procedimentale nella quale è formulata la domanda), di condotte volte alla eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose derivanti dal reato, nonché, ove possibile, il risarcimento del danno dallo stesso cagionato.
Più nel dettaglio, come dispone l’art. 168-bis del Codice penale, l’istituto in esame, che può esser concesso una volta sola, “…comporta, altresì, l’affidamento dell’imputato al servizio sociale, per lo svolgimento di un programma che può implicare, tra l’altro, attività di volontariato di rilievo sociale”, nonché la realizzazione di un lavoro di pubblica utilità, che consiste “…in una prestazione non retribuita, affidata tenendo conto anche delle specifiche professionalità ed attitudini lavorative dell’imputato, di durata non inferiore a dieci giorni, anche non continuativi, in favore della collettività…” (cfr. art. 168-bis, comma 3, c.p.).
Il Giudice, nel caso sottoposto alla sua attenzione, da una parte, aveva constatato il buon esito della messa alla prova e aveva pronunciato una Sentenza di non doversi procedere, proprio per l’avvenuta estinzione del delitto; dall’altra, aveva però mantenuto il sequestro di un immobile di proprietà dello stesso imputato, a garanzia dei crediti indicati nell’art. 316, c.p.p., norma che disciplina il cosiddetto “sequestro conservativo”.
L’imputato prosciolto ha così proposto ricorso in Cassazione per chiedere l’annullamento del capo della Sentenza relativo al mantenimento del sequestro.
La decisione della Cassazione. I giudici di legittimità, condividendo l’impostazione del ricorrente, hanno ricordato, innanzitutto, che l’art. 323, comma 4, c.p.p., proprio sul tema della perdita di efficacia del sequestro preventivo, prevede che la restituzione del bene sequestrato “…non è ordinata se il giudice dispone, a richiesta del pubblico ministero o della parte civile, che sulle cose appartenenti all’imputato o al responsabile civile sia mantenuto il sequestro a garanzia dei crediti indicati nell’art. 316”, la cui norma disciplina il c.d. “sequestro conservativo”.
La Corte ha poi richiamato quel precedente orientamento giurisprudenziale di legittimità secondo cui il sequestro preventivo sui beni dell’imputato può essere convertito, ove ne facciano richiesta il pubblico ministero o la parte civile, in sequestro conservativo, ma esclusivamente nel caso sia intervenuta una Sentenza di condanna. In una precedente pronuncia, infatti, si legge che “…l’istituto del sequestro conservativo di cui agli artt. 316 e segg. cod. proc. pen. è strumentale al mantenimento delle garanzie per il pagamento della pena pecuniaria, delle spese processuali ovvero al soddisfacimento delle obbligazioni civili derivanti dal reato, sicché la sua conferma presuppone una sentenza di condanna, la cui irrevocabilità determina la conversione del sequestro in pignoramento, secondo quanto previsto dall’art. 320 cod. proc. pen. È dunque evidente che in assenza di una pronuncia di condanna, gli effetti del sequestro conservativo cessano, come espressamente previsto dall’art. 317, comma 4, cod. proc. pen., secondo cui ciò avviene ‘quando la sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere non è più soggetta a impugnazione’” (Cass. Pen., IV Sezione, sent. n. 15154/217).
Il principio sopra espresso, secondo la Suprema Corte, deve essere applicato anche nel caso di proscioglimento dell’imputato per esito positivo della messa alla prova; sul punto, i Giudici di legittimità non hanno condiviso la tesi della parte civile (Inps), nella memoria depositata in vista dell’udienza, secondo cui la pronuncia che dichiara estinto il reato a seguito della messa alla prova non potrebbe essere equiparata ad una ordinaria sentenza di proscioglimento, dal momento che l’istituto in esame avrebbe “…una componente afflittiva che garantisce comunque una funzione social preventiva e di risocializzazione e persegue, tra l’altro, finalità riparatorie comprese quelle del risarcimento del danno all’offeso”.
La Cassazione, nella Sentenza n. 9850/2023, ha invece ritenuto che il provvedimento estintivo del reato per l’avvenuta messa alla prova non sia assolutamente idoneo ad esprimere un compiuto accertamento sul merito dell’accusa e, dunque, sulla stessa responsabilità dell’imputato prosciolto.
Per queste ragioni, la Corte ha annullato, senza rinvio, la Sentenza impugnata, “…limitatamente al disposto mantenimento in sequestro dell’immobile del quale va ordinata la restituzione all’avente diritto”.
I principi della Sentenza n. 9850/2023 | |
La sentenza di proscioglimento, pronunciata a seguito della messa alla prova con esito positivo, comporta l’annullamento del sequestro preventivo e la conseguente restituzione dei beni all’avente diritto.L’estinzione del reato, in questi casi, non è idonea a esprimere un compiuto accertamento sul merito dell’accusa e, dunque, sulla responsabilità dell’imputato. | |
Art. 323, c.p.p. (“Perdita di efficacia del sequestro preventivo”) | |
(comma 1): “Con la sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere, ancorché soggetta a impugnazione, il giudice ordina che le cose sequestrate siano restituite a chi ne abbia diritto, quando non deve disporre la confisca a norma dell’articolo 240 del codice penale. Il provvedimento è immediatamente esecutivo”. (comma 4): “La restituzione non è ordinata se il giudice dispone, a richiesta del pubblico ministero o della parte civile, che sulle cose appartenenti all’imputato o al responsabile civile sia mantenuto il sequestro a garanzia dei crediti indicati nell’articolo 316”. | |
Sequestro preventivo (art. 321, c.p.p.) | Sequestro conservativo (art. 316, c.p.p.) |
Quando vi è pericolo che la libera disponibilità di una cosa pertinente al reato possa aggravare o protrarre le conseguenze di esso ovvero agevolare la commissione di altri reati. | Se vi è fondata ragione di ritenere che manchino o si disperdano le garanzie per il pagamento delle spese di procedimento, di ogni altra somma dovuta all’erario dello Stato, nonché delle garanzie delle obbligazioni civili derivanti dal reato. |