Avv. Nicola Pietrantoni (ItaliaOggi7, 11 maggio 2020)
Il processo penale può essere celebrato da remoto solo con il consenso di tutte le parti coinvolte. In attesa che l’attività giudiziaria riprenda ad operare in maniera ordinaria e fisiologica, alcuni momenti fondamentali dell’istruttoria dibattimentale quali l’esame delle stesse parti, dei testimoni, dei consulenti tecnici e dei periti, nonché le udienze destinate alle richieste conclusive del pubblico ministero e alle discussioni finali dei difensori delle altre parti e degli imputati, non potranno avere luogo in modalità telematica ove l’imputato, ad esempio, non dovesse prestare il proprio consenso. È quanto ha stabilito il recente decreto legge 30 aprile 2020, n. 28, con cui il governo ha introdotto ulteriori misure urgenti finalizzate a disciplinare, in tema di giustizia e di tutela dei dati personali, varie situazioni direttamente interessate dall’attuale emergenza sanitaria
Le novità del decreto legge 30.4.2020 sul processo da remoto. Il dl n. 28 disciplina diversi ambiti quali: intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, sospensione dei termini processuali, giustizia civile, amministrativa e contabile, ordinamento penitenziario, tutela dei dati personali nel tracciamento dei contatti e dei contagi da Covid-19. Con riferimento alla celebrazione, in sede penale, di determinate udienze, il governo ha lasciato, in estrema sintesi, alla volontà delle parti la scelta di adottare la modalità “da remoto” per lo svolgimento dell’istruttoria (art. 3, comma 1, lettera d), fase che rappresenta, è giusto ricordarlo, il momento decisivo dell’accertamento dibattimentale. Si pensi, a titolo meramente esemplificativo, alla (talvolta) complessa e delicata gestione del controesame, ad opera del difensore dell’imputato, del testimone ritenuto fondamentale per l’accusa e all’importanza di avere la possibilità di cogliere “dal vivo”, nella reale interlocuzione tra le parti, espressioni verbali e gestuali anche sfumate o stati emotivi che influiscono sulla formulazione delle domande e, dunque, sulla efficacia della stessa attività defensionale.
Il decreto legge Cura Italia sul processo da remoto. L’art. 3 del dl 30/4/2020 ha novellato, in termini significativi, il contenuto del decreto legge 17/3/2020, n. 18 (c.d. Cura Italia, così come convertito, con modificazioni, dalla legge 24/4/2020, n. 27), con cui il nostro legislatore aveva proprio previsto la possibilità, dal 9 marzo al 30 giugno 2020, di celebrare, “mediante collegamento da remoto” e con “modalità idonee a salvaguardare il contraddittorio e l’effettiva partecipazione delle parti”, le udienze penali che non prevedono l’intervento di soggetti diversi dal pubblico ministero, dalle parti private e dai rispettivi difensori, dagli ausiliari del giudice, da ufficiali o agenti di polizia giudiziaria, da interpreti, consulenti o periti (art. 83, comma 12-bis). Lo stesso Cura Italia, inoltre, ha previsto anche la possibilità, per le persone detenute, internate o in stato di custodia cautelare, di partecipare, ove possibile, a qualsiasi udienza mediante videoconferenze o con collegamenti da remoto individuati secondo precisi criteri (art. 83, comma 12).
Smaterializzazione del processo penale e rilievi costituzionali. Lo strumento telematico è stato pensato, innanzitutto, per evitare che la contemporanea presenza, nelle aule giudiziarie, delle varie persone che normalmente prendono parte alle attività di udienza potesse (e, ancora oggi, possa) aumentare, in termini esponenziali, il rischio di contagio da Covid-19. La conversione in legge del decreto Cura Italia ha accentuato una serie di criticità, rilevate da diversi operatori del diritto, che ruotavano attorno alla c.d. smaterializzazione del processo penale, con i correlati rischi di comprimere, con l’appiattimento della partecipazione a distanza, il contraddittorio tra le parti e gli stessi principi fondamentali, di rilevanza costituzionale, del processo penale (art. 111).
La tutela della privacy nel processo da remoto. Strettamente connesso all’eventuale celebrazione “da remoto” del processo penale è il tema che riguarda l’esigenza di verificare la conformità, rispetto alla disciplina di cui al d. lgs. 51/2018 (c.d. nuovo decreto privacy), dei trattamenti di dati personali realizzati mediante l’utilizzo di specifiche piattaforme individuate dal ministero della giustizia (Microsoft Corporation). Come ha sottolineato anche lo stesso garante della privacy, con la missiva inviata il 16 aprile proprio all’attenzione del ministro, occorre chiarire la tipologia di informazioni eventualmente memorizzate da Microsoft Corporation per finalità proprie, del servizio o commerciali, nonché il profilo dei soggetti legittimati all’accesso ai metadati delle sessioni, considerata l’inevitabile presenza di dati giudiziari particolarmente delicati quali, ad esempio, la condizione di soggetto nei cui confronti vengono svolte indagini preliminari o di imputato, magari sottoposto a restrizione delle libertà personale.