Avv. Nicola Pietrantoni – (Italia Oggi, 7 febbraio 2022)
La sicurezza sul lavoro va garantita ad ampio raggio, senza limiti. Anche all’estero, quindi. Nel caso di distacco o di subappalto di personale, infatti, il nostro ordinamento prevede l’obbligo di verificare le condizioni di sicurezza del luogo di lavoro all’esterno dell’azienda, di valutare i rischi presenti, di fornire al dipendente i necessari ed idonei strumenti di protezione individuale, di formare e informare adeguatamente lo stesso sui rischi specifici della attività che deve svolgere in quel luogo, nonché di vigilare sull’osservanza delle disposizioni aziendali in materia di uso dei necessari dispositivi di protezione. Lo ha precisato la Corte di cassazione (IV sezione penale), con la sentenza n. 35510/2021, con cui è tornata sulla responsabilità penale del datore di lavoro per la violazione della normativa antinfortunistica previgente al dlgs 81/2008.
L’imputazione e i soggetti coinvolti. I giudici di legittimità hanno confermato la condanna degli imputati per il decesso di un lavoratore a seguito di un grave infortunio subìto mentre prestava la propria attività di elettricista su un impianto presso un cantiere a bordo di una nave ancorata in acque indiane.
Più nello specifico, sono stati ritenuti responsabili, a titolo di cooperazione colposa nel delitto di omicidio colposo (artt. 113, 589, cp), sia il titolare e responsabile per la sicurezza sul lavoro della società di cui era dipendente il lavoratore, sia il legale rappresentante della committente dell’impianto ove si è verificato l’incidente, sia infine il legale rappresentante della appaltatrice dei lavori, che aveva subappaltato, a sua volta, alla società del dipendente deceduto, proprio le attività riguardanti le componenti elettriche. Questi ultimi due (committente e appaltatore) sono stati coinvolti anche per aver omesso la necessaria valutazione dei rischi connessi ai lavori da effettuare e, di conseguenza, per non aver organizzato un preventivo sistema di informazione e formazione sui rischi individuati e su come operare in sicurezza.
L’applicabilità della normativa nazionale per il fatto commesso all’estero. In via preliminare, la Corte ha dichiarato manifestamente infondato il difetto di giurisdizione italiana lamentato da uno dei ricorrenti per essersi verificato l’evento letale fuori dai confini nazionali.
I giudici hanno richiamato alcuni principi di carattere generale, secondo cui è sufficiente, ai fini dell’affermazione della giurisdizione italiana per i reati commessi in parte all’estero, che nel territorio dello Stato si sia verificato anche solo un frammento della condotta (art. 6, cp). Nel caso di specie, l’omessa condotta di mancata formazione e informazione del lavoratore per prevenire qualsiasi rischio di infortunio avrebbe dovuto realizzarsi in Italia, in epoca anteriore al concreto esercizio dell’attività lavorativa in territorio straniero.
Inoltre, si legge sempre in sentenza, non va dimenticato che «…la normativa italiana in materia infortunistica, essendo posta a presidio del bene fondamentale della salute in ambito lavorativo, di sicura rilevanza costituzionale, deve considerarsi di ordine pubblico, per cui i datori di lavoro e gli altri responsabili della sicurezza sono tenuti ad adottare tutte le misure necessarie, al fine di prevenire possibili infortuni, ovunque l’attività lavorativa si svolga».
La definizione normativa di luogo di lavoro. I giudici di legittimità hanno ritenuto infondato anche il motivo di ricorso secondo cui l’infortunio non sarebbe avvenuto sul posto di lavoro, con tutti gli inevitabili riflessi anche sul versante delle responsabilità.
La Corte, su questo specifico punto, ha precisato che «…nella nozione di luogo di lavoro rilevante ai fini della sussistenza dell’obbligo di attuare le misure antinfortunistiche, rientra ogni luogo in cui viene svolta e gestita una qualsiasi attività implicante prestazioni di lavoro e in cui il lavoratore deve o può recarsi per provvedere a incombenze di qualsiasi natura in relazione alla propria attività». In altre parole, secondo la giurisprudenza consolidata, è luogo di lavoro quello «…in cui i lavoratori siano necessariamente costretti a recarsi per provvedere a incombenze inerenti all’attività che si svolge nel cantiere» (Cass. pen., Sez. IV, n. 28780, 19/5/2011).
Obblighi e responsabilità in caso di distacco/subappalto di personale. In merito alla sussistenza del reato contestato, occorre premettere che la giurisprudenza penale ha affrontato spesso il delicato tema della prevenzione degli infortuni quando il lavoratore viene distaccato da un’impresa all’altra, nonché i relativi profili di responsabilità in caso di violazione della normativa in materia.
La Cassazione, in questi casi, ha stabilito che «…il datore di lavoro distaccante, oltre all’obbligo di informare e formare il lavoratore sui rischi tipici generalmente connessi allo svolgimento delle mansioni per le quali questo viene distaccato, ha il dovere di vigilare, per tutta la durata della lavorazione, anche sulla corretta funzionalità dei presidi, strumentali rispetto alla lavorazione, dei quali ha dotato il lavoratore» (Cass. pen., Sez. IV, n. 4480, 17/11/2020).
Il datore, in definitiva, non può inviare «…il personale dipendente al buio nel cantiere di un’altra società e limitarsi a indicare le mansioni da espletare, esonerandosi da ogni responsabilità», ma ha l’obbligo invece di verificare l’azienda dove verrà svolta la prestazione e le specifiche condizioni di sicurezza di quel diverso cantiere.
Gli obblighi sopra richiamati devono essere osservati anche dal beneficiario della prestazione, tenuto a garantire la sicurezza dell’ambiente di lavoro nel cui ambito la stessa viene eseguita.
In caso di evento lesivo (lesioni/morte) ai danni del lavoratore distaccato, potrebbero quindi rispondere sia il datore distaccante che il cosiddetto distaccatario.
La Cassazione, con la sentenza n. 35510/2021, ha applicato i principi in materia di distacco anche alle ipotesi di subappalto di personale «…perché in ogni caso l’informazione e la formazione del lavoratore competono in primis al datore di lavoro».
Il ruolo fondamentale della formazione. La formazione del lavoratore, in generale, riveste una significativa importanza nella quotidiana operatività all’interno del contesto aziendale.
Se quella stessa operatività deve essere realizzata in luogo diverso da quello abituale, appare abbastanza intuitivo come una più specifica formazione rappresenti un momento imprescindibile per contenere ogni potenziale rischio di eventi lesivi che potrebbero verificarsi.
Per queste ragioni, la Corte ha stigmatizzato l’insufficiente formazione che avrebbe ricevuto il lavoratore vittima dell’incidente mortale, elettricista da molti anni ma alla sua prima esperienza lavorativa a bordo di un’imbarcazione, «…dove il rollio (anche in assenza di moto ondoso rilevante) può creare elementi di pericolo ulteriori» come, per esempio, la caduta dall’alto.
Il rischio interferenziale. L’importanza di verificare ogni rischio tipico dell’ambiente di lavoro impone, dunque, l’obbligo di coordinamento e di cooperazione in caso di compresenza di più imprese nello stesso cantiere, «…per la cui operatività occorre avere riguardo non alla qualificazione civilistica attribuita al rapporto tra le imprese che cooperano tra loro, ma all’effetto che tale rapporto origina, vale a dire alla concreta interferenza tra le organizzazioni che operano sul medesimo luogo di lavoro e che può essere fonte di ulteriori rischi per l’incolumità dei lavoratori delle imprese coinvolte».
L’unico elemento decisivo per stabilire la presenza del rischio interferenziale, lo ricordano proprio i giudici di legittimità, è la situazione concreta sussistente all’interno, ad esempio, di un cantiere dove operano più imprese.
Per la Cassazione è luogo di lavoro quello in cui i lavoratori siano necessariamente costretti a recarsi per provvedere a incombenze inerenti all’attività che si svolge nel cantiere