I giudici di legittimità sui parametri per valutare un reato tributario di particolare tenuità
Vari elementi concorrono a escludere l’omesso versamento
di Nicola Pietrantoni
L’omesso versamento Iva, quando il suo ammontare è vicinissimo alle soglie previste dalla legge, può non essere punibile per particolare tenuità del fatto; la causa di esclusione della punibilità, prevista e disciplinata all’articolo 131-bis del Codice penale, infatti, trova applicazione nel caso di minima offensività del fatto, sulla base dei seguenti indicatori: modalità della condotta, esiguità del danno o del pericolo da essa derivante, nonché grado di colpevolezza.
Il principio è stato affermato nella sentenza n. 28697/2024 (motivazioni depositate il 17/7/2024), con cui la Cassazione (III sezione penale) ha dichiarato inammissibile il ricorso di un soggetto che era stato condannato, in sede di appello, a quattro mesi di reclusione, per il reato tributario ex art. 10-ter, d. lgs. 74/2000 (Omesso versamento di ritenute dovute o certificate), riconosciute le circostanze attenuanti generiche.
La fattispecie delittuosa violata. La norma contestata (art. 10-ter, d. lgs. 74/2000), dopo la recente riforma intervenuta in ambito tributario con il d. lgs. 14/6/2024, n. 87, prevede la reclusione, da sei mesi a due anni, per “…chiunque non versa, entro il 31 dicembre dell’anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione annuale, l’imposta sul valore aggiunto dovuta in base alla medesima dichiarazione, per un ammontare superiore a euro duecentocinquantamila per ciascun periodo d’imposta, se il debito tributario non è in corso di estinzione mediante rateizzazione …”.
Il fatto e l’oggetto dell’Imputazione. Dalla lettura delle motivazioni della sentenza, emerge che l’imputato, legale rappresentante di una società a responsabilità limitata, era stato indagato e poi condannato, a seguito di rito abbreviato, per aver omesso il versamento dell’imposta sul valore aggiunto, relativo all’anno di imposta 2012, per un ammontare complessivo di circa 271 mila euro, pur avendola dichiarata come dovuta nel modello unico. Il Tribunale, con la sentenza di condanna (confermata poi in sede d’appello), aveva anche disposto la confisca del profitto del reato, corrispondente al risparmio di imposta, nonché l’eventuale confisca per equivalente dei beni dell’imputato sottoposti a sequestro.
L’oggetto del ricorso in Cassazione. Trai vari motivi dedotti dalla difesa del ricorrente al giudice di legittimità, richiamati nella pronuncia in esame, di particolare interesse è quello che lamenta l’inosservanza o l’erronea applicazione della legge penale, da parte del giudice di merito, in relazione proprio all’art. 131-bis, c.p., “…in quanto l’importo dell’imposta evasa è di poco superiore alla soglia di punibilità, pari all’8,4% e il ricorrente, incensurato, ha comunque proceduto al pagamento parziale del tributo, ciò che assume rilevanza per effetto delle modifiche apportate all’art. 131-bis cod. pen. dal D.Lgs n. 150 del 2022, che ora considera anche ‘la condotta susseguente al reato’”.
L’art. 131-bis, Codice penale. La c.d. riforma Cartabia(d. lgs. 10 ottobre 2022, n. 150) è intervenuta anche sull’articolo 131-bis, c.p., norma che prevede l’esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, valorizzando la condotta posta in essere dall’indagato/imputato successivamente alla commissione del fatto di reato. L’attuale formulazione della norma, infatti, prevede che “nei reati per i quali è prevista la pena detentiva non superiore nel minimo a due anni, ovvero la pena pecuniaria, sola o congiunta alla predetta pena, la punibilità è esclusa quando, per le modalità della condotta e per l’esiguità del danno o del pericolo, valutate ai sensi dell’art. 133, primo comma, anche in considerazione della condotta susseguente al reato, l’offesa è di particolare tenuità e il comportamento risulta non abituale”.
Il richiamato articolo 133, comma I, c.p., stabilisce che il giudice, nell’esercizio del potere discrezionale finalizzato all’eventuale applicazione della pena, debba tenere conto della gravità del reato, desunta da una serie di indicatori: 1) natura, specie, mezzi, oggetto, tempo, luogo e ogni altra modalità dell’azione; 2) gravità del danno o del pericolo cagionato alla persona offesa dal reato; 3) infine, intensità del dolo o dal grado della colpa.
La decisione della Corte. I giudici di legittimità hanno ritenuto i motivi del ricorso, in parte, inammissibili e, in parte, manifestatamente infondati; nelle motivazioni della sentenza, la Corte ha premesso, innanzitutto, che il delitto in esame (art. 10-ter, d. lgs. 74/2000) ha natura di reato omissivo proprio, che si consuma, quindi, alla scadenza del termine finale stabilito dalla legge per il dovuto versamento delle imposte. Per queste ragioni, la Corte ha precisato, diversamente da quanto sostenuto dal ricorrente, che “…sono del tutto irrilevanti, ai fini della sussistenza dell’illecito penale, anche in relazione al superamento della soglia di legge, pagamenti dell’imposta effettuati dopo la scadenza del termine di legge, proprio perché incidono su un reato che si è già consumato”.
In merito, poi, alla mancata applicazione dell’art. 131-bis, c.p., la Cassazione ha ritenuto il motivo infondato; sul punto, la Corte ha precisato quando un reato tributario può essere considerato di particolare tenuità, e cioè “…a condizione che la fattispecie concreta, all’esito di una valutazione congiunta degli indicatori afferenti alla condotta, al danno erariale e alla colpevolezza, risulti caratterizzata da un’offensività minima, ossia quando il fatto abbia riguardato un ammontare vicinissimo alla soglia di punibilità…secondo un apprezzamento fattuale che è devoluto al giudice di merito e che non è insindacabile ove sorretto da non manifestamente illogica motivazione”.
La valutazione delle condotte post delictum. I giudici di legittimità, in merito al parametro della “condotta susseguente al reato” ex art. 131-bis, c.p., hanno poi precisato che si tratta di una “…locuzione di ampia portata che abbraccia certamente condotte di tipo riparatorio -quale, per quanto qui rileva, il pagamento, anche parziale, dell’imposta dovuta- e che, tuttavia è solo uno -e certamente non l’unico, né il principale- degli elementi che il giudice è chiamato ad apprezzare ai fini del giudizio avente ad oggetto la misura dell’offesa”.
In altre parole, secondo l’impostazione della Corte, ogni eventuale azione riparatoria, posta in essere dall’imputato dopo la commissione del delitto, non è sufficiente a rendere di particolare tenuità un’offesa che tale non era al momento della commissione del fatto, “…dando così luogo a una sorta di esiguità sopravvenuta di un’offesa in precedenza non tenue, ma, come detto, potranno essere valorizzate nel complessivo giudizio sulla misura dell’offesa, in cui rimane centrale, come primo termine di relazione, il momento della commissione del fatto, e, quindi, la valutazione del danno o del pericolo verificatisi in conseguenza della condotta”.
La Cassazione, in buona sostanza, ha condiviso la decisione della Corte di appello di escludere la causa di non punibilità al caso di specie, dal momento che era stato accertato, oltre al superamento della soglia prevista all’art. 10-ter, d. lgs. 74/2000, che l’imputato, dopo un primo versamento effettuato dopo la consumazione del delitto de quo, non aveva più provveduto ai pagamenti e che lo stesso era gravato da ulteriori debiti tributari di entità significativa.
I principi della Sentenza n. 28697/2024 |
Il reato di omesso versamento Iva (art. 10-ter, d. lgs. 74/2000) non è punibile quando è di particolare tenuità, tenuto conto dei seguenti elementi: minimo superamento della soglia prevista per ciascun periodo d’imposta (250 mila euro)esiguo danno erarialecondotta susseguente al reato (pagamento, anche parziale, dell’imposta dovuta) |
Art. 131-bis, I comma, c.p. (“Esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto”) |
“Nei reati per i quali è prevista la pena detentiva non superiore nel minimo a due anni, ovvero la pena pecuniaria, sola o congiunta alla predetta pena, la punibilità è esclusa quando, per le modalità della condotta e per l’esiguità del danno o del pericolo, valutate ai sensi dell’articolo 133, primo comma, anche in considerazione della condotta susseguente al reato, l’offesa è di particolare tenuità e il comportamento risulta non abituale”. |
Art. 10-ter, d. lgs. 74/2000 (“Omesso versamento di Iva”) |
“È punito con la reclusione da sei mesi a due anni chiunque non versa, entro il 31 dicembre dell’anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione annuale, l’imposta sul valore aggiunto dovuta in base alla medesima dichiarazione, per un ammontare superiore a euro duecentocinquantamila per ciascun periodo d’imposta, se il debito tributario non è in corso di estinzione mediante rateazione, ai sensi dell’articolo 3-bis del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 462. In caso di decadenza dal beneficio della rateazione ai sensi dell’articolo 15-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, il colpevole è punito se l’ammontare del debito residuo è superiore a settantacinquemila euro”. |